Uno strano incontro
Storie d’altri tempi
Un’uggiosa domenica mattina del mese di …….. non ricordo bene, ma forse non ha neppure importanza, direi che non ne ha.
Camminavo lungo il sentiero che dai piani di Praglia conduce al monte Pennello, una di quelle camminate solitarie che si decidono all’ultimo minuto, tanto per fare qualche cosa e per non perdere l’abitudine e l’allenamento.
Non so se a voi è mai capitato di camminare da soli nel silenzio (inteso in assenza di rumori molesti), la mente comincia a vagare, i pensieri vanno leggeri e volano lontano.
Mentre seguo il filo dei miei pensieri, ad un tratto mi sento chiamare in dialetto “ Zovenotto unde ande’ de bello”, mi volto e vedo un signore abbastanza avanti negli anni, vestito da montagna come si usava negli anni 50, pantaloni alla zuava, calzettoni, camicia di flanella, una mitica giacca a vento di gabardine messa di traverso sullo zaino militare in tela color cachi ed il classico bastone.
A tale domanda risposi “ au Penello e poi a Punta Martin “, ci fermammo un attimo e mi disse se potevamo fare un tratto di strada assieme fino al bivio per San Carlo, accettai di buon grado.
Per alcuni minuti camminammo in silenzio, come se ci studiassimo a vicenda: lui (per semplicità lo chiamerò Gioxe) camminava alla mia sinistra e così ho potuto notare il bastone che teneva in mano letteralmente ricoperto di scudetti e stemmi, a testimonianza dei posti visitati; “ne ha girato di posti?” gli dissi (il dialogo si svolgeva esclusivamente in dialetto), sembrava che non aspettasse altro per iniziare un racconto che sembrava uscito da un libro di M. Rigoni Stern.
Mi disse che aveva fatto la guerra nella divisione Cosseria, prima sul fronte Francese, poi in Albania ed in Russia e che era riuscito a tornare a casa solo grazie all’esperienza fatta andando in montagna.
Chiusa la parentesi della guerra (sembrava che non gli piacesse parlarne), incominciò a parlare delle sue esperienze in montagna:” ai miei tempi quei scarponi ce li sognavamo, avevamo gli scarponi di cuoio chiodati ed ogni parte dello scarpone aveva il suo tipo di chiodo che veniva applicato al bordo (e facevano male ai piedi); con quei scarponi sono andato sul Bianco, sul Rosa e su altri 4000 della valle d’Aosta”.
Il suo racconto continua parlando delle Alpi Marittime e cita nomi noti a tutti noi, Gelas, Argentera ,Ischiator ecc.ecc. indicando le cime con il bastone puntato verso il cielo come se fosse un immensa carta topografica.
Mi parlò delle sue salite sulle Dolomiti, di quando aveva scalato le torri del Vajolet, facendomi vedere lo scudetto del rifugio Re Alberto in bella mostra sul suo bastone.
Mi ricordava che, proprio dove stavamo camminando, da ragazzo aveva calzato per la prima volta gli sci con le pelli.
Durante il suo raccontare ogni tanto si fermava appoggiandosi al suo bastone e mi diceva “hai mica premura?”; a dire il vero ne avevo, ma ero affascinato dal suo raccontare, tanto che tempo e fretta non avevano più importanza.
Quasi senza accorgercene arrivammo al bivio dove le nostre strade si separavano, ci stringemmo la mano senza dire una parola.
Fatti alcuni metri mi girai: volevo fare alcune domande a Gioxe, ma era sparito come per incanto, chiamai ad alta voce ma non ricevetti risposta, sentivo solo il vento che saliva dalla val Varenna..
Pensai che fosse, forse, un folletto o più modernamente un ologramma. ……
Chissà?!
Mauro Piana