PRIAMARA vs BRIGA – BRIGA vs PRIAMARA
Insieme oltre il sifone della Priamara
La storia inizia per caso, come spesso accade.
Un’escursione a fine novembre alla volta della Priamara, grotta dal nome altisonante (Grotta Superiore Sorgente Priamara) e di stretto accesso, guidati da Alessandro Vernassa, speleologo guida che unisce alla simpatia e alla perizia l’accanimento tipico degli accatastatori e dei topografi.
Priamara: “pria” (pietra) amara, forse per l’ingresso stretto: strettoia enfatizzata, a dir la verità: si passa benissimo, complice forse il dilavamento dell’acqua che in Liguria in questi ultimi anni ha colpito abbastanza.
Entriamo, non molti ma variegati, appartenenti a diversi gruppi speleo locali, con intento di fare il rilievo della cavità.
Scaviamo a mano un primo sifone, rendendolo praticabile, e ci dirigiamo verso il sifone principale, ostruito da una quantità di sabbia davvero eccessiva per le nostre forze. Nel 1989 e nel 1993 era stato disostruito, ma si è riempito nuovamente.
Un passaggio segreto immette in sale molto più grandi, con concrezioni di bellezza incredibile. Ancora un po’ di progressione, ed eccoci in meandri infami, con fango a volontà, avvolgente come una carezza e soffice come un abbraccio: è stato parte di noi a lungo. Rileviamo quasi tutta la parte prima del sifone, compresi i rami fossili. Nell’uscire, si scopre un ramo nuovo, di circa 50 metri: un buon motivo per tornare e finire il lavoro.
Torniamo e contempliamo il sifone principale: sabbia e sabbia: l’idea di evitare lo scavo tipo bobcat anima la ricerca di un nuovo ingresso, che deve esserci.
Ecco allora che partono nuove battute, in giorni e orari particolari, con compagine mista di gruppi diversi, tutti liguri e borbottanti: da un microscopico buco, in una zona che è stata battuta per decenni palmo a palmo, viene fuori a sorpresa una nuova grotta, la Briga.
La grotta sembra andare in direzione della Grotta Priamara, e questo la rende particolarmente interessante.
Scatta la collaborazione: Speleo Club Gianni Ribaldone, Gruppo Speleologico Martel, Gruppo Speleologico Ligure Issel, Gruppo Grotte Borgio Verezzi e speleologi apolidi si animano e scavano in ogni dove e in ogni quando: dal nulla, circa 300 m di grotta nell’avaro sottosuolo finalese.
La grotta della Briga cresce, si alza e si abbassa, sfoderando sacche di CO2 a go go: oltre 11.000 ppm: facendo la conversione in percentuale circa 1,1% di biossido di carbonio, un valore già sopra lo 0,5 che è il valore massimo di esposizione per 8 ore, ma inferiore a 1,5, valore massimo per abbandonare il luogo. Non si capisce il motivo: materiale in putrefazione, acque termali, inquinamento, mancanza di ventilazione nella grotta? Di sicuro, molti di noi avvertono i sintomi classici dell’esposizione: affaticamento eccessivo, mal di testa, confusione, malumore, come dicono gli esperti. È una bella grotta, con vele, concrezioni e aragoniti, pisoliti e fango, tanto fango: cresce piano piano e continuamente.
Entra in gioco fin da subito un altro grande, Alessandro Maifredi, con dantesca saggezza e perizia speleologica alle stelle: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza: forse è per quello che “come bruti” ci ostiniamo a farci delle piste di polvere (marrone, purtroppo) in entrata e in uscita, aerosol di CO2 gratis, anche perché – se ci pagasse qualcuno – questo qualcuno, datore di lavoro, andrebbe dritto in galera senza passare dal via. In meno di un mese la Priamara e la Briga non avevano mai visto tanti speleo. Mai. È un buon segno e, se si gioca d’astuzia, forse ci scappa qualche giunzionella, o di qua o di là”.
Diamo retta all’”anziano”, e proseguiamo, insieme e con accanimento.
Ecco un’inaspettata R35, tanto larga che non si capisce come possa essersi aperta, nella nostra angusta bellissima Liguria. Risaliamo il risalibile, nonostante la roccia tipo sfogliatella con ripieno al fango, friabilissima ma resa meno morbida e più accessibile grazie ad esemplari di speleologi volanti. Saliamo e scendiamo, ma la giunzione non si trova, e neanche un’altra uscita, che consentirebbe l’abbassamento del livello di CO2. Ancora una strettoia, ancora un meandro. Ci siamo quasi, ma il quasi è sempre quasi.
Decidiamo per il Priamara Day. Sabato 30 gennaio, data memorabile, convergono a Verzi speleologi di ogni gruppo, a celebrare la Giornata nazionale della Priamara scavando con ogni mezzo lecito. Si predilige il riempimento con ghiaia di sacchi che vanno a formare muretti di contenimento. Dall’alto, un altro piccolo gruppo monitora e scava nelle vicine Terre Rosse, nella Briga, dove posiziona un rilevatore di CO2 per la settimana successiva, e in un’altra cavità priva di nome ma ricca di anidride carbonica, tanto quanto può ostare alla normale respirazione.
Nel 1989 erano state necessarie 14 uscite, nel 1992 un po’ meno: nel 2022 in una sola giornata si è oltre sifone, complici forse le passate alluvioni che hanno un po’ ripulito la zona. Grida di giubilo e la grotta torna a respirare. La situazione della CO2 è interessante: pre sifone 1200, oltre sifone 7000 ppm, non inquietante come alla Briga.
Monitoriamo ora Briga & Co: dovrebbe/dovrebbero mettersi a soffiare a breve se sono collegate: teniamo d’occhio il data logger.
Intanto nella Priamara, oltre il sifone che andrà allargato ancora, nascosti dietro una lama di roccia che nei giorni dopo si valica senza problemi, ci aspetta qualche chilometro di grotta da rilevare ed esplorare.
Oltre sifone, molto fango e molta acqua: c’è ancora il “doppino” telefonico che negli scorsi anni era stato steso per essere avvisati di eventuali piogge intense
Si succedono le battute, diurne e notturne, che cercano di completare il rilievo e l’armo delle risalite.
Da un buco in alto escono pezzi di legno e foglie: potrebbe essere un ulteriore ingresso (oltresifone, il che non sarebbe male).
Una prima risalita, che viene armata in modo avveniristico e poi completata.
Le corde in loco sono concrezionate, ma parzialmente utilizzabili. Il “ferro” va naturalmente sostituito integralmente.
Galleria del Porcopotamo e un laghetto intemperante danno il colpo di grazia al bagno di fango.
Poi arriva la risalita su corda, circa 40m, dove viene cambiato l’ancoraggio.
Giungiamo alla Cattedrale, circa 40m (30 + 10): qui una finestra, che si cerca di raggiungere con un traverso da professionisti, potrebbe portare alle Terre Rosse… vedremo!
Oltre la Cattedrale, si va avanti senza corde: bellissimo, tutto concrezionato e laminato, stretto e con il fondo allagato: prosegue a lungo e passiamo in alto, dove la galleria è di dimensioni maggiori.
Oltre la Cattedrale, la grande bellezza: forse Dostoevskij aveva in mente qualcosa di simile quando ne ha parlato. Concrezioni che lasciano senza fiato. Musica di acqua e arabeschi ovunque.
A parte, si rileva il ramo dei Nottambuli, fino a una strettoia (per chiamarla con il suo nome: un pentolone di acqua e fango in strettoia): bypass sopra il pentolone, a forza di batterie e cattive maniere: si arriva a un passaggio con direzione Terre Rosse, vari camini, un bivio e altri rami. Qui si è vicini alla Cattedrale, ma da dove si passa?
Ed ecco troviamo ancora un altro ramo concrezionatissimo, pieno di eccentriche e pisoliti che conduce a due pozzi, probabilmente collegati al ramo appena esplorato, e poi una serie di stretti cunicoli, e anche un passaggio discendente che supereremo nel tempo…
Il prossimo fine settimana saremo di nuovo lì: e non sarà l’ultimo.
La storia continua, insieme.
Marina Abisso
Speleo Club Gianni Ribaldone
Foto 1 Grotta Superiore Sorgente Priamara (foto Marina Abisso)
Foto 2 Grotta della Briga (foto Alessandro Vernassa)
Foto 3 Grotta Superiore Sorgente Priamara (foto Marina Abisso)
Foto 4 Grotta Superiore Sorgente Priamara (foto Marina Abisso)
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